Residenze anziani con demenza. Un serbatoio per residenzialità psichiatrica?
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
Il contenuto della recente delibera di riconversione[1] della Casa di cura neuropsichiatrica Villa Jolanda di Scisciano di Maiolati Spontini impone una riflessione sulla funzione delle residenze protette rivolte ad anziani con forme di demenza. Dopo il cosiddetto nucleo demenze presso la Casa di Riposo di Jesi la delibera citata prevede all’interno della Casa di cura la realizzazione di posti di residenza protetta. In entrambi i casi si tratta di soggetti con patologia psichiatrica che vengono inglobati all’interno del contenitore residenza protetta. Diventa pertanto indispensabile capire, sulla base della normativa regionale, a chi sono destinate le residenze protette.
Le residenze protette
La Residenza protetta (RP) è “una struttura residenziale con elevato livello di integrazione socio-sanitaria, destinata ad accogliere, temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio e che non necessitano di prestazioni sanitarie complesse”(L.R. 20/2002). I Regolamenti regionali 1/2004 e 3/2006 stabiliscono che “L’utenza anziana non autosufficiente a cui è destinata la Residenza Protetta può essere suddivisa in due tipologie: a) Anziani non autosufficienti di grado medio o totali bisognosi di assistenza residenziale e sanitaria (anziani colpiti da sindromi ad andamento cronico degenerativo non guaribili o da eventi morbosi che richiedono attività terapeutica ed assistenziale continua ed interventi riabilitativi allo scopo di prevenire le conseguenza negative connesse alla immobilità ed allo scopo di limitare i ricoveri in ambiente ospedaliero); b) anziani con forme di demenza: soggetti che presentano deficit cognitivi senza rilevanti disturbi comportamentali, previa valutazione della compatibilità del singolo paziente con la struttura ospitante”. L’assistenza da garantire è pari a: 100 minuti al giorno (80 di Oss e 20 di infermiere) per i ricoverati di cui al punto A.; 120 minuti al giorno (100 di Oss e 20 di infermiere) per i ricoverati di cui al punto B.
Il nucleo demenze presso la Casa di riposo di Jesi
Precedentemente all’avvio del percorso previsto dalla legge 20/2002 presso la casa di Riposo di Jesi erano attivi, attraverso apposita convenzione Comune-Asl 5 (ora Zona 5), 50 posti di NAR (nucleo assistenza residenziale) autorizzato con la legge 20/2000 - poi trasformatosi in residenza protetta - e una convenzione per 12 posti rivolta a soggetti con patologia psichiatrica. Le persone venivano inserite nella casa di riposo su proposta del Dsm. Il riferimento normativo è la tuttora vigente dgr 2569/1997, “Linee di indirizzo per l’assistenza integrata sociale e sanitaria in soggetti malati mentali”. A seguito dell’avvio del percorso autorizzativo della legge 20/2002, l’emanazione dei Regolamenti attuativi (1/2004 e 3/2006) e l’avvio della cosiddetta riqualificazione dell’assistenza residenziale[2], i 12 posti si sono trasformati in nucleo demenze[3].
Cosa ha prodotto questa trasformazione? Per gli utenti non ci sono stati cambiamenti rispetto al servizio. Tale era l’assistenza ricevuta tale è rimasta. E’ cambiata soltanto la loro collocazione. Ora sono diventati, ospiti di un “nucleo demenze”; non sono più inseriti nella struttura secondo le disposizioni della dgr 2569/1997 (che prevedeva che la retta fosse assunta al 70% dalla Asl e per il 30 dall’utente); la tariffa è stimabile in 75-80 euro giornalieri (che dovrebbe giustificare 120 minuti di assistenza); 50% della quale a loro carico (37 euro dal 1° gennaio 2009). Sono diventati in un giorno “soggetti con deficit cognitivi senza rilevanti disturbi comportamentali” e la retta a loro carico si è sostanzialmente triplicata passando da circa 370 euro al mese a circa 1.100[4].
La domanda che si pone in questa situazione così come per i posti riconvertiti presso la Casa di cura Villa Jolanda è la seguente: Perché soggetti con patologia psichiatrica si trasformano, in pochi istanti, in anziani con deficit cognitivi senza rilevanti disturbi comportamentali? Perché e come da un giorno all’altro si modifica il loro status? Non rischia una psichiatria disattenta agli effetti delle rivalutazioni di combattere lo stigma riducendo o violando i diritti? Oppure siamo di fronte al palese tentativo - coperta sempre della lotta contro lo stigma - di ridurre i propri oneri con il passaggio dallo psichiatrico al geriatrico? L’enfasi sul sociale quando si trasforma in una assegnazione di competenze al settore sociale non rischia di trasformarsi in abbandoni terapeutici?[5]
La riconversione della Casa di cura Villa Jolanda
Come dicevamo anche nella delibera di riconversione della casa di Cura Villa Jolanda vengono inseriti posti di residenza protetta ai sensi della legge 20/2002. I contenuti dell’atto di riconversione, in realtà, richiederebbero una approfondita riflessione[6]. Si tratta di ragionare sul significato della riorganizzazione. Se vengono messi in atto processi che effettivamente convertono la struttura e pongono le condizioni per destrutturare il modello istituzionale. Ricordiamo che la Casa di cura è autorizzata per 88 posti e convenzionata per 72. I posti precedenti alla trasformazione sono così distribuiti: 30 al residuo manicomiale; 20 per trattamenti riabilitativi residenziali; 22 per trattamenti di tipo neuropsichiatrico. Con la riconversione si prevede la realizzazione di 3 tipologie di strutture[7]: a) un modulo di 20 posti letto di Strutture residenziali terapeutiche (SRT); b) un modulo di 20 posti di residenza sanitaria riabilitativa (SRR) diviso in due nuclei da 10 di cui uno destinato a malati che necessitano di “alta sorveglianza/osservazione”; c) un modulo di 40 posti letto di cui 32 accreditabili destinata a residenza protetta demenze. L’accesso alle prime 2 di tipologie di strutture viene disposto dal DSM o dal SERT; l’accesso alla residenza protetta avviene attraverso valutazione della Unità di valutazione distrettuale (ora definita “integrata”). In realtà attualmente i 30 posti del residuo manicomiale sono occupati per la gran parte da “psicotici anziani” (così come indicato nell’accordo del 2 aprile 2004, citato nella delibera di riconversione).
Come è stato fatto notare dalla lettera del Comitato Associazioni Tutela (vedi nota 3), le residenze protette della legge 20/2002 non si possono confondere o assimilare con le Comunità protette della normativa regionale riguardante la salute mentale[8]. Esse seguono un percorso autorizzativo rinviabile alla legge 20/2000, seppur non definito dalla Regione. Non si riesce pertanto a capire per quale motivo nella riconversione della Casa di Cura si introducono le residenze protette della legge 20/2002 che nulla hanno in comune con gli utenti cui fa riferimento la struttura. Si ricorda inoltre che i cosiddetti nuclei demenze della legge 20/2002 non dovrebbero accogliere soggetti con malattia di Alzheimer (per questo si parla di soggetti senza rilevanti disturbi comportamentali) i cui nuclei sono previsti all’interno delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) regolamentate dalla legge 20/2000 sulle autorizzazioni sanitarie[9]. Infine, non meno importante, è da ricordare che nelle residenze protette l’utente è chiamato a compartecipare per il 50% della spesa e dunque agli ex manicomiali e agli “psicotici anziani”, ora con spese a carico competo del fondo sanitario, si verrebbe ad assoggettare una retta giornaliera pari a circa 40 euro al giorno.
Le domande
Come abbiamo già detto questo contributo intende affrontare il tema dell’utenza delle residenze protette per demenza alla luce delle due situazioni sopra descritte nelle quali la realizzazione dei posti ha riguardato soggetti con patologia psichiatrica. Considerato che l’attivazione delle residenze protette - sia quelle per anziani non autosufficienti che con forme di demenza - è sostanzialmente in fase di avvio (su circa 4500 anziani non autosufficienti ospiti delle strutture non più del 10% possiede quelli standard assistenziali) è indispensabile che non si faccia confusione rispetto alla tipologia di utenza cui sono destinate. La collocazione in queste residenze di soggetti con patologia psichiatrica, ancorché avallato dalle Unità di valutazione distrettuale, non può far loro perdere i diritti cui sono titolari.
Qui come si è più volte ripetuto non si è affrontato né il tema della lotta alla istituzionalizzazione e con esso quello della funzione delle Case di cura psichiatriche - come quella oggetto della riconversione - né il tema dell’assistenza residenziale psichiatrica nella nostra regione. Temi entrambi che richiederebbero un grande impegno di approfondimento, riflessione e confronto.
9 giugno 2009
[1] Attuazione della DGR n. 76/200. Riconversione dei posti letto della Casa di cura privata Villa Jolanda di Maiolati Spontini - An, www.grusol.it/informazioni/11-05-09.PDF
[2] Cfr., F. Ragaini, Acuzie, post acuzie, servizi residenziali e domiciliari nel sistema sanitario della regione Marche, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 2/2009; Vedi anche, Nota informativa sui ricoveri in residenza protetta (RP) e residenza sanitaria assistenziale (RSA) per anziani nelle Marche, in www.grusol.it/vocesociale/17-02-09.PDF.
[3] Sulla questione ci sono state due interrogazioni. Una al Consiglio comunale di Jesi, l’altra in Consiglio regionale. Anche il difensore civico regionale ha richiesto chiarimenti al Comune di jesi che gestisce attraverso il “Centro servizi sociali”, la Casa di riposo. Per un approfondimento: Sul nucleo demenze presso la Casa di Riposo di Jesi www.grusol.it/vocesociale/23-07-08.PDF; Nucleo demenze presso Casa di Riposo di Jesi. Sui contenuti della risposta alla interrogazione consiliare, www.grusol.it/vocesociale/25-11-08.PDF
[4] Nella lettera del Gruppo Solidarietà del 18 maggio 2008, mai riscontrata, si chiedevano i seguenti chiarimenti: - su quali basi scientifiche soggetti con disturbi psichici inseriti, secondo le indicazioni della DGR 2569-97, non lo sono più? - dimostrare la presenza, nella casa di riposo di Jesi, di un nucleo per anziani con forme di demenza, come da normativa regionale; - dimostrare che al sostanziale raddoppio della retta complessiva (con l’aumento di circa il 150% di quella dell’utente), si sia raddoppiata l’assistenza ai beneficiari. Escludere, conseguentemente in maniera inequivocabile che l’aumento della retta, e dunque dell’assistenza, per i neo pazienti del nucleo demenze, non sia stata utilizzata da altri ricoverati. Senza questi chiarimenti, da subito, si deve: - restituire agli utenti la differenza tra la quota precedente e quella versata dall’1.1.2006; - riutilizzare per il loro inserimento in Casa di riposo la DGR 2569/97; - rendere visibile, all’interno della Casa di Riposo, il nucleo demenze come da normativa vigente.
[5] In questo caso cosa poteva ostacolare il mantenimento - ovvero non triplicare la retta a carico dell’utente - di quelle stesse persone alle precedenti condizioni? Nulla. Di seguito riportiamo la nota tecnica, del 6 novembre 2008, del direttore della Zona 5 a supporto della risposta all’interrogazione consiliare “La rivalutazione dei casi è stata effettuata congiuntamente dagli operatori della Unità di valutazione integrata e dagli operatori della psichiatria con l’intento di non stravolgere le situazioni operando trasferimenti forzosi a setting più adeguati ma collocati altrove. Quindi l’obiettivo del gruppo multiprofessionale di valutazione è stato quello di non espellere dalla struttura ma di garantire standard assistenziali di massimo livello. Alcuni pazienti infatti rappresentano un esempio tipico di situazioni che vedono una commistione tra substrato psicoorganico e cronica sindrome istituzionale con aggiunta di aspetti psichiatrici. Questo quadro non permette strategie efficaci di riabilitazione psichiatrica ma coerenti percorsi di animazione geriatrica e un atteggiamento conservativo delle abitudini tendente a evitare scompensi acuti fatalmente precipitanti la residualità cognitiva”. La questione mai chiarita è cosa è cambiato nella vita di queste persone, in termini di servizio, dopo questo passaggio.
[6] Alcune indicazioni sono contenute nella nota inviata alla regione Marche il 20 maggio 2009 dal Comitato Associazioni tutela (CAT), www.grusol.it/vocesociale/20-05-09.PDF
[7] Più di un qualche allarme dovrebbe produrlo la mancata definizione da parte della Regione degli standard assistenziali riguardo le RST e SRR. Entrambe sono previste - le RST introdotte per la prima volta - dal Progetto obiettivo salute mentale 2004-06 (deliberazione 132/2004) www.grusol.it/informazioni/inf13-08-04.PDF. E’ evidente che la mancata definizione degli standard se è sempre da condannare perché non assicura garanzie agli utenti, diventa pericolosissima quando la gestione delle strutture è affidata a società private di solito particolarmente accorte ai profitti.
[8] Sullo specifico delle strutture psichiatriche si rimanda all’analisi dei dati regionali in merito alle strutture ospedaliere ed extraospedaliere che ricomprendono anche quelle riguardanti la salute mentale. Cfr. Considerazioni sull’Atto di ricognizione delle strutture ospedaliere ed extraospedaliere della regione Marche, in www.grusol.it/vocesociale/17-03-09.PDF
[9] Come per le Rsa anziani anche per i nuclei Alzheimer la Regione non ha mai definito né standard assistenziale, né, conseguentemente, tariffa.
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