Data di pubblicazione: 22/02/2023
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Jesi. Consiglio comunale aperto sulla sanità. Documento del Gruppo Solidarietà


 

  • Al Presidente del Consiglio Comunale
  • Sindaco, Giunta, Consiglieri comunali
  • Assessore sanità e servizi sociali regione Marche
  • Commissario Straordinario AST-Ancona

Documento del Gruppo Solidarietà

Di seguito alcuni punti riguardanti i servizi territoriali. Le problematiche presenti non sono dissimili da quelle degli altri territori regionali. Evidentemente ci sono problemi strutturali che non sono stati e non sono adeguatamente affrontati. Ogni territorio aggiunge poi proprie specificità. Esiste in alcuni interventi una intollerabile distanza non solo tra domanda e offerta ma anche tra domanda e qualità della risposta. Un quadro che denota, troppo spesso, il disinteresse nei confronti degli esiti degli interventi: come funziona quel servizio? È adeguato? Produce benessere nelle persone? Entriamo, seppur sinteticamente, nello specifico di alcuni interventi.

1) L’abbandono dei servizi distrettuali di valutazione e presa in carico. Questi servizi, fondamentali nella costruzione della risposta, si trovano sguarniti da un punto di vista quantitativo (personale) e dal punto di vista organizzativo (modello di funzionamento). Nel nostro territorio ad esempio per quello che riguarda L’unità multidisciplinare età adulta disabilità è presente una sola assistente sociale per un territorio di 100.000 abitanti.

Stessa cosa per le Unità multidisciplinari età evolutiva. Ma non va meglio per altre figure professionali. Questo significa l’impossibilità di garantire il livello essenziale della presa in carico.

Intollerabile la situazione degli interventi riguardanti i disturbi specifici dell’apprendimento per i quali i tempi di attesa per ricevere gli interventi previsti aprono alle famiglie due possibilità: 1) pagarsi privatamente gli specialisti; b) rinunciare agli interventi. Non va certo meglio riguardo le funzioni delle Unità valutative per l’area anziani. Su questo ci aspettiamo atti conseguenti: a) adeguamento organico; b) definizione standard minimo di personale per ogni équipe; c) investimento sui modelli di intervento.

2) L’inadeguatezza dei sostegni domiciliari e della risposta residenziale. Nel territorio del Distretto e dell’ATS9 ci sono 220 anziani non autosufficienti in lista di attesa per un posto in una delle 15 residenze protette operanti. La metà di questi sono persone con demenza (dati Distretto di Jesi marzo 2022). Se 105 sono le persone con demenza in attesa di un posto, non sappiamo quante siano ricoverate nei circa 850 posti per non autosufficienti e autosufficienti presenti nel territorio. Sappiamo solo che i posti dedicati sono 28 nelle RP dislocati in 7 strutture che equivalgono a 0 (zero) posti perché nessuno è tale effettivamente. Ce ne sono poi 19 a Villa Jolanda (Maiolati) all’interno di una Casa di cura psichiatrica che per ragioni amministrative ha dovuto cambiare l’autorizzazione con trasferimento da comunità protetta salute mentale a RSA demenze. In un territorio in cui si stima (dati del Distretto di Jesi) almeno 17.000 persone con diagnosi di demenza.

Sempre riguardo le Residenze protette ci sono circa 130 posti non convenzionati cui si aggiungono circa 200 posti per autosufficienti (CdR) i quali, con una stima prudenziale, si può ritenere siano occupati per almeno il 50% da non autosufficienti. Nel primo caso le persone ricoverate si devono pagare per intero la tariffa comprensiva delle prestazioni sanitarie; nel secondo caso le persone non autosufficienti sono ricoverate, illegittimamente, in posti che hanno standard di assistenza per persone autosufficienti.

Questa stringata sintesi indica o meglio impone, a tutela e nel rispetto dei diritti delle persone, l’aumento del numero dei posti convenzionati e tra questi di quelli per persone con demenza realizzando nuclei dedicati al fine di garantire alle persone non autosufficienti ricoverate l’assistenza sociosanitaria di cui hanno esigenza e diritto.

                Sono presenti 60 posti di RSA anziani in tre strutture; a tutt’oggi non c’è ancora chiarezza in merito alla loro funzione: Cosa le diversifica e le accumuna con riferimento alle persone accolte (in termini autorizzativi lo sappiamo) dalla post acuzie ospedaliera e dalle cure intermedie? Una confusione intollerabile, a 30 anni, dalla loro attivazione.

                Ma questo è solo un primo aspetto che guarda alla specificità delle problematiche di questo territorio. Il secondo riguarda l’adeguatezza della risposta. E questo richiede un lavoro a livello regionale che non si sta facendo: aumentare gli standard assistenziali, specificatamente, delle residenze protette che sono (lo dimostrano le prestazioni sanitarie e sociosanitarie aggiuntive a carico degli utenti) inadeguati a rispondere alle esigenze anche di tipo sanitario delle persone ricoverate.              

Ci sono, dunque, problematicità locali che si inseriscono all’interno di una programmazione più generale per la quale, anche stando molto attenti a cercarla, non se ne ravvisa traccia. Molte cose si possono fare subito, non servono riforme, tanto meno epocali, ma volontà, desiderio di capire, ascoltare e intervenire.

                Qui si inserisce l’altro tema che è quello del sostegno alla domiciliarità. Su quali sostegni possono contare le famiglie che si assumono l’onere dell’assistenza di un proprio congiunto non autosufficiente? Non dimenticando che in moltissimi casi non si tratta solo di interventi di tipo assistenziale, ma anche medici, infermieristici, riabilitativi. Cure domiciliari prestazionali di tipo infermieristico e al massimo qualche ora di assistenza domiciliare settimanale. Sostenere la domiciliarità non passa certamente da qui.

Dobbiamo amaramente affermare che in questo territorio, non solo, negli anni non siamo cresciuti ma abbiamo fatto dei passi indietro. Basti pensare al tentativo di oltre un decennio fa,  di avere cure domiciliari (non oncologiche) infermieristiche h12 o alla possibilità di accessi domiciliari da parte di medici specialisti. Un percorso che si è arenato poco dopo il suo inizio. Solidi servizi di cure domiciliari non riducono accessi ai PS e ricoveri ospedalieri e, aspetto principale, non migliorano la qualità di vita delle persone? Mai, invece, è stata garantita, l’assistenza tutelare prevista nei LEA. Un briciolo di assistenza domiciliare viene erogata dai Comuni, 70/90 persone in un territorio di 100.000 abitanti con una media di 3/4 ore settimanali. Comuni, nel nostro territorio circa il 40%, che non utilizzano neanche i fondi traferiti da Stato e Regione.

                Sono, dunque, questioni che richiamano fortemente anche le responsabilità dei Comuni chiamati a mettere all’attenzione problematiche che riguardano i cittadini del proprio territorio. Con l’attenzione di non confondere i bisogni di salute della popolazione con il solo funzionamento di alcuni servizi. L’attesa di centinaia di persone non autosufficienti, spesso con gravi malattie, di un posto in una residenza non è meno grave o tragico delle strazianti attese (per lo più di vecchi malati) al PS.

                               C’è esigenza di tradurre gli obiettivi: garanzia di effettivi sostegni domiciliari, adeguatezza quantitativa e qualitativa a livello residenziale, in effettive pratiche. È quello che le persone e le famiglie chiedono. Ogni parola che non sia verificabile impegno in questa direzione diventa traditrice.

                    Gruppo Solidarietà, www.grusol.it

22 febbraio 2023


Per un maggior dettaglio sui  temi trattati, rimandiamo:

1) Distretto Jesi-ASP-ATS 9. Interventi sociosanitari. Riflessioni, proposte, richieste

2) L’assistenza residenziale anziani nelle Marche. Prima e dopo il coronavirus

3) Cambiare i requisiti di funzionamento dei servizi. Associazioni sollecitano la Regione.

4) Residenze anziani con demenza. Un serbatoio per residenzialità psichiatrica? 


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