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Lì 27 novembre 2002

Presidente Giunta regionale
Assessore alla sanità
Assessore ai servizi sociali
Direttore Dipartimento Servizi alla persona
Direttore Agenzia sanitaria regionale
e p. c - Gruppi Consiglio Regionale
- CGIL - CISL - UIL regionali

Oggetto: Osservazioni alla bozza di Psr 2003-2005.


Si allegano le osservazioni in oggetto. Confidando nella possibilità di confronto si coglie l'occasione per inviare distinti saluti

Gruppo Solidarietà

Le osservazioni che seguono hanno come riferimento la bozza (18 ottobre 2002) di PSR 2003-2005, "Un welfare marchigiano universale, equo, solidale e di qualità", letta in stretta connessione con atti e documenti degli assessorati alla sanità ed ai servizi sociali. In particolare ci si riferisce alle tabelle "Long term care" dell'assessorato alla sanità dello scorso settembre nelle quali si stimano anche i costi sanitari del sistema residenziale extraospedaliero, al documento "Prospettive del welfare marchigiano" (maggio 2002); all'approvazione della recente legge sull'autorizzazione l'accreditamento delle strutture sociali, nonché alle bozze dei Regolamenti attuativi delle strutture normate dalla stessa legge.

La lettura che viene fatta assume come prospettiva quella degli interventi rivolti a soggetti in particolare situazione di debolezza che necessitano a diversi livelli di interventi e servizi volti a tutelare il loro stato di salute.

La situazione attuale
Riguardo le residenze extraospedaliere previste dal PSR 1998-2000 ricordiamo che ad oggi non sono definiti (stralciati dal Manuale di autorizzazione) gli standard di personale per RSA demenze, RST, NAR. Per le RSA anziani rimangono in vigore la Del. 3240/90 e la L. R. 36/1995; entrambe definiscono standard assistenziali tra di loro molto diversi; la legge 36 definisce anche standard strutturali ed organizzativi peraltro in forte contrasto con le norme inserite nel manuale di autorizzazione. La stessa quota alberghiera a carico degli utenti viene stabilita (ad eccezione delle Rsa derivanti dalla disattivazione del 1992, che fanno riferimento alla DGR 3240/1992) senza alcuna indicazione regionale. In realtà per queste ultime strutture la previsione della quota alberghiera (che scatta dal 90º giorno se proveniente dall'ospedale, dal 1º se proveniente dal domicilio), è del tutto iniqua in quanto l'utenza che vi afferisce è del tutto assimilabile a quella delle strutture di riabilitazione e lungodegenza. Per le RSR e le RSA disabili il Manuale di autorizzazione fa riferimento ad un numero complessivo di minuti di assistenza (180 m/die per RSR intensive, 140 m/die per RSR estensive ed RSA disabili), senza specificazione riferita alle figure professionali di riferimento. Contemporaneamente 3000- 3500 anziani anche gravemente malati e non autosufficienti sono ricoverati presso strutture assistenziali autorizzate per la sola accoglienza di soggetti autonomi con una assistenza sanitaria (presenza infermieristica, riabilitativa, accessi del medico), regolamentata con il criterio dell'ADI.

La prospettiva del riordino
La regione attraverso i documenti sopra citati sta ridisegnando una offerta di servizi sanitari e sociosanitari che ha il seguente principio ispiratore "Nelle fasi di sviluppo della malattia (diagnosi precoce - acuzie/post-acuzie - riabilitazione) le componenti tecniche svolgono il ruolo determinante per favorire il recupero della salute e/o la minimizzazione del danno. Più intenso è il contributo della componente sanitaria nelle fasi di acuzie, mentre sempre più rilevante è l'impegno della componente sociale man mano che ci si allontana dalla fase acuta, qualora permangono esiti più o meno invalidanti. Il ruolo della componente politica è quello di monitorare periodicamente, in collaborazione con i vari attori sociali territoriali, l'accessibilità, la fruibilità e la qualità "percepita" dagli utenti dei servizi. Ritorna rilevante il ruolo della componente politica al pari di quella degli operatori sociali negli stati di cronicità permanente, in cui diventa fondamentale la garanzia della costruzione e della manutenzione delle reti di protezione sociale ai soggetti 'fragili'" (Bozza PSR, Prospettive welfare marchigiano).

Si assegna così al sistema sociale (fatta salva una quota sanitaria nel costo dei servizi) la competenza in tutte le situazioni di cronicità e non autosufficienza con un lento e progressivo disimpegno del sistema sanitario in termini di servizi e prestazioni; ; si pongono così le basi per il disegno di un sistema che prefigura una competenza (titolarità istituzionale) del settore sanitario in maniera esclusiva nella fase acuta e post acuta della malattia, affidando al "sistema sociale", la gestione di tutti gli interventi rivolti a soggetti anche gravemente malati colpiti da malattie croniche che producono non autosufficienza (malati di Alzheimer, persone con grave patologia psichiatrica, adulti e anziani totalmente non autosufficienti, ecc…).
Tutto questo è assolutamente evidente nella scelta di assegnare alle Residenze protette, la funzione delle RSA delegandole la risposta per tutte le situazioni di non autosufficienza non curabili a domicilio. Ciò è tanto più chiaro se si pensa che le residenze protette del sistema sociale (vedi legge autorizzazione e regolamenti attuativi), che sostituiscono i NAR e che di fatto assumono la funzione di RSA "che devono diventare parte di un sistema di servizi (..) dove svolgono funzioni di carattere eminentemente sanitario e per un limitato periodo di tempo", vengono normate direttamente dal settore sociale, senza alcuna interferenza del settore sanitario, al quale evidentemente non si riconosce (e sicuramente la sanità ne è ben felice) alcuna competenza regolamentare riguardo servizi rivolti a persone malate croniche e non autosufficienti.

Il sistema ospedaliero di riabilitazione e lungodegenza
La proposta di PSR dichiara la necessità di raggiungere la dotazione (fissata dalla normativa nazionale) di un posto letto per mille abitanti per la funzione riabilitazione lungodegenza (per 1470 posti letto complessivi). Se per la funzione di lungodegenza si prevede l'attivazione dei 648 p.l. (il problema è come fare in modo che tale riconversione non sia esclusivamente nominale); diversa è la situazione riguardante la riabilitazione perché in modo non corretto vengono conteggiati all'interno dei posti letto ospedalieri anche posti letto extraospedalieri (addirittura con carattere estensivo), di fatto lasciando inalterata l'attuale offerta di posti letto ospedalieri di riabilitazione. Non si può pertanto dire che "si intendono superare i parametri programmatori del PSR 1998-2000", in quanto i 421 p.l. previsti, seppur non realizzati, di riabilitazione (circa 0,30 per mille) ospedaliera sono addirittura superiori a quelli ora indicati che si assestano intorno ai 200. E dunque con questa previsione di p.l. si continua a non rispondere ai problemi posti dall'accorciamento dei tempi di degenza, indotto dal sistema di remunerazione dei ricoveri ospedalieri (che) genera un crescente bisogno di dimissioni protette, in assenza delle quali si determina un vuoto assistenziale che è spesso causa anche di discontinuità delle cure riabilitative, discontinuità al cui superamento possono contribuire le strutture del sistema residenziale così come riaffermato dalla proposta di Piano. Dunque la proposta di PSR finge di proporre un potenziamento della riabilitazione ospedaliera indicando uno standard dello 0,5 p.l. per 1000 abitanti, confermando invece pari pari la situazione esistente (dunque già si sta rispettando l'indicazione dello 0,5) trasferendo funzioni extraospedaliere all'interno del sistema ospedaliero e riconducendovi addirittura i posti letto classificati come RSR estensive. Il PSR, dunque, al di la dei numeri indicati propone il mantenimento dell'attuale, insufficiente, offerta riabilitativa ospedaliera, ritenendola quindi sufficiente a coprire i bisogni riabilitativi residenziali dei soggetti in post acuzie. In sintesi, la previsione di posti letto ospedalieri di riabilitazione e lungodegenza si assesta intorno allo 0,65 per mille (di cui circa 0,15 di riabilitazione). A questo punto viene il dubbio che lasciata inalterata l'offerta di p.l. di riabilitazione, un trasferimento automatico di molti dei p.l. di medicina in quelli di lungodegenza (con degenze indicative di 60 giorni) determini una situazione del tutto analoga all'attuale.
Il sistema residenziale
Correttamente la proposta di PSR, abbandona l'idea di realizzare le Residenze Sanitarie Terapeutiche (anche se sarebbe opportuno non fare riferimento a sperimentazioni mai avvenute) a favore dei posti letto di lungodegenza; non è però chiaro il passaggio in cui si afferma che questa funzione potrà essere garantita anche in "strutture residenziali particolarmente attrezzate". Si intende tentare ciò che si è proposto nella parte riguardante la riabilitazione ospedaliera, classificando come lungodegenza posti letto classificati come extraospedalieri? Considerato inoltre che questa definizione viene dopo aver affermato che la lungodegenza potrà essere realizzata "all'interno di complessi ospedalieri per acuti, in case di cura private, in ospedali in riconversione", non pare facile capire quali potranno essere queste strutture residenziali particolarmente attrezzate i cui posti andranno comunque conteggiati tra quelli della lungodegenza. Sembra pertanto opportuno che venga fatta chiarezza.

RSA e Residenza protetta per adulti e anziani non autosufficienti
La Residenza protetta (normata, secondo le indicazioni della legge sull'autorizzazione, dal settore sociale) diventa la struttura deputata ad accogliere i soggetti adulti e anziani non autosufficienti non curabili a domicilio (peraltro nella legge, neanche si fa riferimento ad una condizione stabilizzata, ma si specifica che si tratta di esiti). Come indicavamo, essa assume, nei fatti per quanto riguarda gli anziani la funzione della RSA, giustificando in tal modo la riduzione del 50% dei posti previsti dalla delibera sul fabbisogno e ritornando ad una previsione di poco superiore a quella della prima bozza del PSR 1998-2000 che ne prevedeva 600. Peraltro gli 800 posti previsti includono anche i Nuclei speciali Alzheimer senza alcuna specificazione quantitativa tra i due tipi di servizi. Rispetto a quest'ultima malattia, dunque, nessuna previsione viene fatta in ordine alla previsione di servizi diurni e residenziali.
Ma in realtà le indicazioni del PSR legittimano e riconoscono alle RSA la funzione di accoglienza di pazienti non stabilizzati (così come sta avvenendo da oltre un decennio nel territorio marchigiano); le riconoscono, anzi, un ricovero finalizzato alla stabilizzazione delle condizioni cliniche, ai fini, nel caso di impossibilità di rientro al domicilio, di un successivo trasferimento verso le residenze protette. Dunque si disegna una RSA a carattere terapeutico riabilitativo con una chiara degenza a termine. Nessun anziano, per quanto gravemente malato, secondo l'indicazione della proposta di PSR, potrà risiedere dunque presso una struttura a titolarità sanitaria, ma solo in una struttura normata dal settore sociale. Nulla in proposito contano le indicazioni della normativa nazionale che si riportano.

Dal "Progetto Obiettivo Anziani"
Le Rsa "Costituiscono una forma di risposta alle situazioni di bisogno sanitario di persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti o a grave rischio di non autosufficienza, che per ragioni molteplici non possono essere assistite in ADI o OD (..) La denominazione Residenza Sanitaria Assistenziale è stata preferita rispetto ad altre dizioni perché l'aggettivo "sanitaria" sottolinea che si tratta di una struttura propria del SSN, a valenza sanitaria, di tipo extraospedaliero (residenza), la cui gestione è finanziabile con il FSN e di cui le USL possono garantire direttamente la gestione; l'aggettivo "assistenziale", rimarca che la residenza ha anche una valenza socio-assistenziale indiscibilmente connessa alla valenza sanitaria, il che legittima l'impiego da parte del SSN di figure professionali di tipo sociale (..) Le RSA devono essere realizzate tipologicamente secondo quanto descritto dal DPCM 22-12-89".

Dal DPR 14.1.1997 "Approvazione dell'Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private".
"Le Residenze Sanitarie Assistenziali sono presidi che offrono a soggetti. non autosufficienti, anziani e non, con esiti stabilizzati di patologie, fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non assistibili a domicilio, un medio livello di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un. livello "alto" di tutela assistenziale ed alberghiera generica sulla base dei modelli assistenziali adottati dalle Regioni e Province autonome. Le RSA sono destinate a soggetti non autosufficienti non curabili a domicilio, portatori di patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate. Sono da prevedere: ospitalità permanenti, di sollievo alla famiglia non superiori ai 30 giorni, di completamento di cicli riabilitativi eventualmente iniziati in altri presidi.

Quando si parla di utenza differenziata (vedi riferimento al RUG), tra RSA e RP ("alle RSA la gestione a medio termine (da 60 a 180 gg della post-acuzie) di pazienti in via di stabilizzazione a prevalente impegno sanitario; alle Residenze protette l'accoglienza, tendenzialmente definitiva, di pazienti non autosufficienti cronici e stabilizzati con basso carico sanitario"), sembrerebbe logico ci si riferisse a due strutture con funzioni analoghe differenziate per tipologia di utenza (vedi la distinzione proposta nelle Rsa disabili); la distinzione appare invece fuorviante; infatti per la prima si prevede una funzione assimilabile alla lungodegenza (e quindi con un ricovero volto alla stabilizzazione; ci si chiede anche come sia possibile proporre una differenziazione tra utenza della lungodegenza e della RSA), per la seconda la gestione di malati teoricamente stabilizzati con degenza permanente e con funzione di mantenimento. Dunque anche la distinzione tra alto e basso carico sanitario che differenzierebbe le due strutture pare indimostrabile. C'è infatti una fase della malattia (post acuzie) nella quale si propone una differenziazione delle strutture; passata questa fase (peraltro è noto che la condizione di "stabilizzazione" in soggetti non autosufficienti con pluripatologie è spesso più teorica che reale), anche se permane la necessità di "elevati livelli di tutela sanitaria" riconducibili al ricovero in RSA, si afferma chiaramente che la struttura deputata alla gestione di questi malati è la Residenza Protetta, una struttura per "pazienti con basso carico sanitario".
Quindi, come già è stato fatto cenno più sopra, per tutte le condizioni di grave malattia e non autosufficienza per adulti e anziani non autosufficienti, indipendentemente dalle condizioni cliniche, dopo un periodo definito di ricovero in strutture sanitarie, si deve transitare verso le cosiddette residenze protette, che, e qui si inserisce la differenza sostanziale, non potranno avere standard sanitari di una certa rilevanza altrimenti diventerebbero (e costerebbero) come le RSA. Ciò che cambierà rispetto alla situazione attuale è soltanto che la struttura finale dei "non autosufficienti", non sarà l'illegittima casa di riposo, ma la legittima residenza protetta, che dunque, in base alla quota sanitaria sarà "autorizzata" a ricoverare qualsiasi situazione di "non autosufficienza" (fino ad arrivare ai malati terminali, ed a stati comatosi, ecc…).
Diventa dunque essenziale capire con quale livello assistenziale andranno a funzionare queste strutture. Il solo riferimento alla presenza del MMG (almeno 6 ore - e dunque saranno sicuramente 6 - settimanali per 30 persone), indica chiaramente a quale livello di tutela sanitaria vanno incontro queste persone (a proposito avremmo piacere che tra le tante ricerche se ne potesse fare una che analizzasse, anche in chiave economica: numero e motivo dei ricoveri ospedalieri e/o dell'invio al Pronto Soccorso dalle residenze protette e dalle case di riposo e i livelli di autosufficienza in ingresso in ospedale e in dimissione. Si ha la convinzione che la stragrande maggioranza dei ricoveri sarebbe evitato da un maggior livello di tutela sanitaria nelle strutture e che gran parte dei soggetti inviati in condizione di parziale o totale autonomia rientrino con un livello di autosufficienza fortemente ridotto rispetto all'ingresso).
Ma, altrettanto importante è capire (ad oggi non è così) anche con quali standard assistenziali funzioneranno le RSA che gestiranno (o meglio continueranno a gestire) soggetti in post acuzie. L'esperienza di questi dieci anni, questa si, qualche cosa avrebbe dovuto insegnare circa la necessità di presidi con presenza e competenza qualificata.

La proposta di Piano indica in circa 6000 le persone anziane "gravemente disabili" nel territorio marchigiano. Una cifra che appare sottostimata se Il PO Anziani indicava un bisogno di posti letto di Rsa pari al 2% (circa 6.300) della popolazione ultrasessantacinquenne (circa 315.000 nella nostra regione). Siccome la gran parte di anziani non autosufficienti vive in casa la previsione di 3.800 p.l. (800 Rsa + 3.000 RP) appare di gran lunga sottostimata (circa 1,20% della popolazione ultrasessanticinquenne) e di fatto fotografa il numero di soggetti parzialmente o totalmente non autosufficienti ricoverati attualmente nelle residenze assistenziali della nostra regione. Inoltre, assegnando alle Rsa una funzione assimilabile alla lungodegenza di fatto la previsione si attesta intorno ai 3.000 posti letto.
Quanto alla definizione del costo retta nelle Residenze protette si ritiene che la percentuale indicata nei LEA e nell'Atto di indirizzo pari al 50% tra Asl e utenti/Comuni debba essere rivista, in ragione dell'utenza ospitata, con una percentuale almeno del 60% a carico della sanità, così da arrivare ad una quota a carico dell'utente o dei comuni non superiore alle 60.000 L. al giorno.

Le RSA disabili e le residenze del sistema sociale
Già si è detto dell'inserimento all'interno del sistema ospedaliero di riabilitazione delle strutture extraospedaliere ed anche di quelle oggi classificate come RSR estensive. Questa associazione più volte aveva evidenziato come in molti casi attualmente l'utenza delle RSR estensive e delle Rsa disabili fosse assimilabile. D'altra parte lo stesso Manuale di autorizzazione le assimilava in termini di standard assistenziali. Ora però si ripropone una distinzione (Gravi disabilità - accoglienza e mantenimento) con una previsione (240 + 280) di 520 posti letto (circa l'attuale offerta RSA e RSR estensiva), prefigurando due residenze con carattere di permanenza (in una situazione peraltro in cui non è definita la capacità recettiva delle stesse, permettendo comunque accorpamenti anche con altre tipologie di RSA, e dunque riproponendo un modello istituzionale, si veda ad esempio la struttura Abitare il tempo a Loreto), mentre contestualmente la legge sull'autorizzazione delle strutture sociali indica due tipologie di residenze (Comunità protetta e comunità socio educativa riabilitativa) entrambe rivolte a soggetti con gravi disabilità.
Se poi si aggiunge che nel materiale citato in premessa alle due strutture della bozza di PSR si applicavano le indicazioni finanziarie previste dall'atto di indirizzo sull'integrazione e dal DPCM sui LEA (70/30 per la prima e 40/60 per la seconda rispettivamente a carico della sanità e dell'assistenza), pare chiara una situazione di estrema confusione. Se già pare indefinibile una differenziazione tra utenza della futura Residenza Protetta e delle attuali RSA, impossibile pare andare a distinguere tra tre tipologie di residenze del tutto assimilabili quanto a tipologia di utenza. Si ritiene pertanto, proprio per la peculiarità delle strutture residenziali per i soggetti disabili che occorra sviluppare al massimo piccole comunità residenziali di dimensioni familiari a titolarità sociale (seppur con quota sanitaria nel costo retta) inserite in normali contesti abitativi, ridefinendo completamente l'attuale offerta classificata in RSA disabili, prima di avviare ogni altro modello residenziale del tutto assimilabile. Considerazioni analoghe valgono in riferimento ai servizi diurni. Anche in questo caso i Centri diurni (socio educativi riabilitativi) della legge sull'autorizzazione e quelli classificati come ex art. 26 (terapeutico riabilitativi), sono assolutamente identici quanto a tipologia di utenti e una differenziazione sarebbe del tutto artificiosa.

Le Residenze per disabili psichici
La proposta di PSR afferma "Le Residenze Sanitarie per Disabili Psichici sono strutture che devono trovare una coerente collocazione nell'ambito del setting dei servizi afferenti al Dipartimento di Salute Mentale e le cui funzioni e caratteristiche sono regolamentate nell'ambito del Progetto Obiettivo Salute Mentale allegato al PSR". Nella tabella riepilogativa del sistema residenziale si indicano tre tipologie di residenze (RST disabili psichici cronici, SRR psichiatriche e Comunità alloggio) per complessivi 440 posti letto (0,30 per 1000 abitanti), suddiviso per provincia. Le prime due sarebbero a totale carico del Fondo sanitario; per la comunità alloggio la sanità assumerebbe il 40% del costo retta contro il 60 a carico dell'assistenza (utenti e/o comuni). Per le singole tipologie non viene indicato il numero dei posti letto. L'allegato POSM presenta un sistema residenziale difforme da quello della bozza di PSR; in particolare sembra che i contenuti dello stesso non siano stati aggiornati dopo l'elaborazione della proposta di Piano. Quindi ogni valutazione potrà essere fatta solo dopo l'aggiornamento del POSM. Si formulano, in via generale le seguenti richieste:
- La necessità che l'offerta di p.l. venga definita per singole tipologie di residenze e non come complessivo;
- la totale contrarietà per strutture da 20 p.l. che non possono che riproporre un modello istituzionale;
- la non applicazione quanto alla classificazione di "comunità alloggio" della previsione di un costo per il 60% a carico degli utenti o del Comune che avallerebbe la inaccettabile percentuale prevista dai LEA.

Il sistema delle cure domiciliari
Naturalmente il ricorso alla residenzialità permanente può essere contrastato in presenza di compiuti servizi di cure domiciliari. Ma i servizi domiciliari possono porsi l'obiettivo di evitare o ritardare l'istituzionalizzazione solo se sono in grado di offrire un effettivo sostegno ai nuclei familiari. Se solo pensiamo che la stragrande maggioranza delle Asl non eroga il servizio di igiene alla persona così come previsto dalla delibera 105/96 (a questo si aggiunga che i servizi di AD comunale hanno una selettività in base al reddito e che, in linea generale, sono gratuiti solo per situazioni di indigenza, mentre anche per redditi medio bassi il livello di compartecipazione è pari a quello del costo di una prestazione in nero o reperibile sul mercato, con il vantaggio della flessibilità) difficilmente è ipotizzabile che in questa situazione si possa contrastare efficacemente l'istituzionalizzazione. Pare infine importante ricordare che attualmente la stragrande maggioranza del fondo regionale riguardante l'ADI viene utilizzato dalle Aziende sanitarie per il pagamento di figure professionali all'interno delle strutture assistenziali autorizzate per l'accoglienza di soggetti autonomi che ospitano invece impropriamente soggetti non autosufficienti; dunque per un servizio che ha ben poco a che fare con il sostegno alla domiciliarità. Pare pertanto importante ricondurne l'utilizzo alla sua originaria funzione.