Gli Ambiti sociali e la gestione associata dei servizi nelle Marche
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà - Osservatorio Marche, n. 28 del 15 luglio 2014
Le riflessioni che seguono hanno per tema la gestione associata dei servizi a livello di Ambito sociale. La necessità di gestioni associate, pare oramai, pressoché universalmente condivisa dalle persone e dai soggetti istituzionali coinvolti. Pare pertanto inutile ribadirne motivazioni e necessità (vedi in nota alcuni contributi al riguardo tra i quali uno del Gruppo Solidarietà del lontano 2003). Se non ricordare che essa è - anche - condizione per la realizzazione di una rete di servizi territoriali. Ovvero garantire ad ogni cittadino, a prescindere dal Comune di residenza, la fruizione di una rete di servizi.
Ciò che invece vorrei condividere riguarda il contenuto della gestione associata (che rimane uno strumento per la realizzazione dell’obiettivo). Posta la necessità della definizione adeguata del territorio di riferimento (ambito di popolazione: né troppo grande, né troppo piccolo), pare indispensabile la definizione di altri ulteriori aspetti.
- Cosa, come e con quali regole si gestisce in forma associata.
- Quale rapporto intercorre tra il singolo Comune e lo strumento scelto (Convenzione, Azienda speciale, ecc…) per il raggiungimento dell’obiettivo.
- Se e come si affronta e scioglie il nodo del conferimento (quali e quanti) dei servizi.
Ritengo infatti che se non si riescono a sciogliere alcuni di questi aspetti, quand’anche si arrivasse a realizzare un Ambito di gestione ci si potrebbe ritrovare con problemi così importanti da ridimensionare fortemente il significato di gestione associata.
Primo punto. Cosa si gestisce in maniera associata e dunque quali servizi vengono conferiti? L’esempio dell’ASP Ambito 9 è emblematico. Ci sono Comuni che partecipano alla gestione associata ma conferiscono pochissimi servizi. Si tratta di una evidente contraddizione. E’ evidente che quel Comune non crede alla gestione associata, ma il problema di fondo che rimane irrisolto è che può scegliere di conferire solo servizi residuali. Per cambiare sembrano possibili due vie: a) l’obbligo; b) un disincentivo alla gestione autonoma (ovvero inventivo alla gestione associata) con fortissime penalizzazioni di tipo economico (riduzione di finanziamenti regionali sui servizi).
Secondo punto. Io Comune conferisco tutto ma ogni volta che sorge una nuova necessità, deciderò se finanziare o meno. Così paradossalmente, come prima della gestione associata, si dovrà attendere, ogni volta, la deliberazione del singolo Comune per l’attivazione del servizio. Ad esempio: gli interventi di contrasto alla povertà. Si tratta di un problema sempre più grande. Cosa cambia, rispetto alla situazione precedente, se ogni volta il soggetto gestore deve attendere, per attivare l’intervento, l’impegno di spesa comunale? L’obiezione è nota: l’impegno di spesa in bilancio, non può essere continuamente aumentato; è necessario, per ogni nuova richiesta, trovare la copertura. Inoltre, senza adeguati, finanziamenti regionali è impossibile garantire le risposte. Ma allora cosa cambia tra quando si gestivano i servizi in maniera autonoma ed ora che lo si fa in forma associata?
Terzo punto. Gestisco in forma associata, dunque con Regolamenti approvati dal soggetto gestore degli interventi, ma decido di non rispettare quelle norme (anche questo accade ad esempio nell’ASP Ambito 9) perché, “preferisco” quelle che precedentemente mi ero dato.
Quarto punto. Come faccio a realizzare reti di servizi se si rimane all’interno di facoltatività e discrezionalità? La presenza di un territorio di riferimento (condizione per la realizzazione della rete), serve a poco se poi non c’è obbligatorietà degli interventi. Faccio un esempio sempre calato nel territorio dell’Ambito di jesi. In un territorio di 100.000 abitanti esiste una sola comunità residenziale (10 posti) per persone disabili. E’ evidente che si tratta di una risposta del tutto insufficiente (Ancona con la stessa popolazione ha un’offerta di circa cinque volte superiore). L’ASP, fino ad oggi, ha assicurato la risposta, ma attraverso comunità esterne all’Ambito. Alcune sono confinanti e non pongono grossi problemi di distanza, altre si. E’ chiaro che non è la stessa cosa avere un servizio di questo a pochi km di distanza o averlo a 50 o più.
Quinto punto. La gestione associata non toglie e non deve togliere responsabilità alla singola municipalità. Non può essere concepita come una delega ad un ente sovracomunale rispetto al quale il singolo Comune interviene solo in relazione al finanziamento. La gestione associata non può che essere la scelta consapevole di chi è cosciente che per rispondere al meglio ai bisogni sociali e sociosanitari della popolazione occorre “organizzarsi” per territorio e non per singolo comune.
E’ chiaro che la questione è delicata e complessa e non può essere affrontata in modo superficiale. Ma allo stesso tempo, ma non si può far finta di non vederla. Perché altrimenti rischiamo di trovarci, tra non molto, con formali gestioni associate ma sostanziali gestioni autonome. Con, forse, qualche regolamento (ritenuto non vincolante) in comune.
Per approfondire