Deresponsabilizzazione istituzionale. Alunni con disabilità sensoriale e interventi socioassistenziali
Osservatorio Marche, n. 76 del 10 ottobre 2017
La Regione trasferisce ai Comuni la gestione degli interventi socioassistenziali, già di competenza delle Province, rivolti agli alunni con disabilità sensoriale. In realtà si tratta di mero trasferimento di fondi in quanto regole e modalità organizzative sono fissate dalla Regione in continuità con quelle già determinate dalle Province (scelta e assunzione dell’operatore direttamente dalla famiglia con rimborso delle spese su tetto regionale prefissato). Un percorso parallelo a quello degli altri alunni con disabilità che fruiscono di servizi socioeducativi extrascolastici
Con la Dgr 1106-2017 la regione Marche ha definito “criteri ed interventi socio assistenziali a favore degli alunni con disabilità sensoriale per l’a.s.. 2017/2018”. La norma ripropone i contenuti della Dgr 1379-2016 (vedi qui al punto 6), riferita all’anno scolastico 2016-17. L’unica novità riguarda il previsto trasferimento delle competenze dalla Regione agli Ambiti territoriali sociali.
Si tratta di interventi gestiti fino all’anno scolastico 2015-16 dalle province (ognuna secondo specifiche modalità), le cui competenze con la legge 13/2015 sono state trasferite alla Regione.
Vale la pena di entrare nel dettaglio di questi interventi perché presentano aspetti che suscitano forti perplessità. Fino ad oggi sono passati sotto silenzio probabilmente per due motivi:
1) La gestione del servizio da parte delle Province li ha resi quasi sconosciuti, se non agli addetti ai lavori (una realtà sostanzialmente sommersa);
2) il forte sostegno che questi interventi hanno ricevuto dalle associazioni di categoria marchigiane (Unione italiana ciechi e Ente nazionale sordomuti).
Interventi previsti e finanziamento
Come detto, fino all’anno scolastico 2015-16 gli interventi sono stati organizzati e gestiti dalle Province con propri fondi. Dall’anno scolastico 2016-17, la Regione attinge ad un finanziamento nazionale; si tratta del fondo istituito dalla finanziaria 2016, volto a sostenere gli interventi già di competenza delle province. Vedi in proposito Competenze delle province e alunni con disabilità.
Con il decreto 30 agosto 2016[1], “Riparto del contributo di 70 milioni di euro per l’anno 2016 a favore delle regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali che esercitano le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali e ai servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio”, sono state trasferite le risorse alle Regioni. Per le Marche, il finanziamento è stato pari a 1,86 milioni di euro. Si tratta quindi di fondi destinati non esclusivamente agli alunni con disabilità sensoriale, ma a tutti gli interventi già di competenza delle province[2] in materia di integrazione scolastica degli alunni con disabilità (trasporto, assistente all’autonomia e alla comunicazione, ecc ..).
Ed è forse per questo motivo che nella delibera, a differenza di quella dell’anno precedente, si specifica che i fondi “in avanzo”, possono essere utilizzati dagli Ambiti per finanziare gli interventi di competenza comunale in tema di inclusione scolastica.
Nell’anno scolastico 2016-17 per gli interventi di cui alla Dgr sono stati spesi circa 500.000 euro, considerato che la somma a disposizione per l’a.s. 2017- 18 è pari a 1,37 milioni di euro.
Gli interventi previsti e finanziati sono, come detto, di tipo socio assistenziale e sono rivolti agli alunni con disabilità sensoriale frequentanti la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado:
In realtà il secondo e terzo intervento riguardano l’adattamento dei testi scolastici e sussidi per l’autonomia; il quarto un contributo per la frequenza di “scuole o corsi presso istituti specializzati”, ovvero istituti e scuole speciali. Poniamo l’attenzione sul primo intervento che suscita particolari perplessità. Si legge assistenza all’autonomia e alla comunicazione (AEC); si intende: assistenza didattica domiciliare. Abbiamo quindi una nuova definizione, rispetto alla Dgr dello scorso anno, ma non cambia la tipologia ed il contenuto dell’intervento: ovvero, assistenza educativa domiciliare, che ha il suo fulcro nel sostegno didattico al minore. Senza troppi giri di parole: si utilizza una definizione, avente un preciso significato con riferimento ad uno specifico articolo di legge (104/92, art. 13, comma 3), per indicare un altro intervento di tipo educativo, di competenza comunale, che si svolge a domicilio e che non può essere né confuso, né assimilato con l’AEC fornita dagli enti locali a scuola. Evidentemente, risultando palese che un Fondo nazionale volto a sostenere competenze comunali negli interventi scolastici rivolti ad alunni con disabilità non può essere automaticamente utilizzato per un sostegno didattico extrascolastico, si è utilizzato lo stratagemma, un po’ ridicolo a dire il vero, del cambiamento di nome. Per capire che non si tratta di assistenza in ambito scolastico basta leggere, refusi compresi, la descrizione del contenuto dell’intervento.
Se quindi l’AEC per tutti gli alunni con disabilità viene fornita a scuola dagli enti locali attraverso, in genere, educatori o “figure assimilate”, si è qui in presenza di un servizio di didattica domiciliare cui viene dato il nome di un servizio scolastico, determinando una confusione non certo opportuna. Le caratteristiche dell’intervento sono le seguenti:
- la famiglia sceglie direttamente il soggetto fornitore dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione tra “figure autonome e imprese, profit o non profit, che gestiscono interventi socio assistenziali”. Può quindi rivolgersi a soggetti organizzati, con i quali stipula un contratto oppure può direttamente contattare ed assumere l’operatore “secondo la normativa vigente”;
- l’operatore deve essere iscritto ad un Elenco Regionale, non ancora istituito dalla Regione: la regolamentazione e la creazione di tale elenco erano già previste nella delibera dell’anno scorso, ma non sono ancora state realizzate; vige, quindi, una fase transitoria, nella quale è necessario (e sufficiente) che gli operatori (liberi professionisti o dipendenti di imprese profit o non profit) debbano “possedere comprovata competenza e professionalità maturate nell’ambito della disabilità sensoriale; in particolare dovranno dimostrare di aver svolto effettivamente l’attività didattica domiciliare per almeno due anni e/o essere in possesso di un attestato di partecipazione di un corso concernente la disabilità sensoriale realizzato da Enti accreditati dalle Regioni”.
- l’ente capofila dell’Ambito concede il contributo alla famiglia quale rimborso delle spese sostenute e rendicontate attraverso documentazione fiscale. Il contributo non potrà superare 360 € lordi al mese, per una quota oraria massima lorda ammessa di 18 euro. Ciò significa, ad esempio, stante un tetto di € 360, che se la famiglia riconosce una tariffa di 18 euro, avremo 20 ore al mese. Se si riconosce una tariffa di 9 euro, avremo un raddoppio delle ore: 40.
Nell’anno scolastico 2016-17 si può ipotizzare in circa 160 gli alunni che hanno beneficiato dell’assistenza didattica domiciliare (desumibile dai decreti 81 del 26.6.2017 e 111 del 18.9. 2017). Per lo stesso a.s. è stimabile in circa 500.000 euro la spesa per i 4 interventi previsti nella delibera; non viene indicato quanto per ogni tipo. La Regione si è impegnata a farlo per l’anno scolastico 2016-17.
Riflessioni conclusive
A scanso di equivoci va affermato che gli studenti con disabilità sensoriale hanno il diritto, come tutti gli altri alunni con disabilità, di ricevere interventi adeguati attraverso personale competente e qualificato (insegnanti per il sostegno e assistente comunale per autonomia e comunicazione). Una competenza professionale che deve riguardare anche l’intervento educativo extrascolastico che, in questo caso, passa anche attraverso l’assistenza didattica domiciliare. La domanda che si pone è se il sistema degli interventi previsto risponda a questo obiettivo e se sia giusto, opportuno, corretto che si attui una sostanziale privatizzazione dell’intervento, rispetto al quale il ruolo delle Istituzioni risulta totalmente residuale. I Comuni, che sono titolari delle funzioni socioassistenziali, sono chiamati a trasferire fondi dalla Regione alle famiglie, con una funzione puramente amministrativa (verifica correttezza documentazione fiscale), rispetto a famiglie che diventano “datori di lavoro”, in forme, peraltro, non ben definite (“secondo la normativa vigente”). Le Unità Multidisciplinari si trovano invece relegate ad una funzione meramente ancillare, all’interno di un percorso strutturato che, sostanzialmente, prescinde dal loro intervento.
Non pare peraltro inutile riflettere in quale dinamica è inserito l’operatore, quando viene direttamente assunto dalla famiglia.
In sostanza a garanzia della qualità del percorso sono chiamate le associazioni (UIC e ENS) di rappresentanza. Si veda sul punto anche la posizione di Cgil, Cisl Uil sia sugli interventi 2017-18 che su quelli del 2016-17.
Inoltre, la qualificazione e competenza della figura professionale, più volte richiamata, e perno dell’intervento, sembra destinata a rimanere indefinita (non è un caso, forse, che l’impegno regionale assunto l’anno scorso sia stato disatteso). Ad oggi si richiede la dimostrazione di una “comprovata esperienza”. Considerate le competenze istituzionali (centrali e regionali) riguardo le figure professionali, appare almeno difficile che il “servizio regionale competente” (quale?), possa definire la “figura professionale” degli “assistenti alla autonomia e alla comunicazione”.
L’impressione è che, con qualche imbarazzo e difficoltà, a livello regionale non si voglia modificare un percorso strutturato negli anni rafforzato dal sostanziale isolamento in cui operavano le Province e da un rapporto stratificato ed esclusivo con le associazioni. Ma occorre non dimenticare che siamo in presenza di un servizio pubblico con precise e indelegabili competenze istituzionali. Il rischio evidente è quello di una deresponsabilizzazione istituzionale ed una privatizzazione non solo della risposta ma anche della definizione del bisogno. C’è da chiedersi, in modo rigoroso, se tutto questo faccia davvero bene agli alunni con disabilità beneficiari di questi interventi. Personalmente non lo ritengo.
Tutte le schede dell’ Osservatorio sulle politiche sociali nelle Marche
Per approfondire
- Disabilità. La regolamentazione dei servizi nelle Marche
- Persone con disabilità nelle Marche. Tra bisogni e risposte. Dati a confronto
- L’assistenza sociosanitaria nei nuovi LEA
- Servizi sociosanitari nelle Marche. Risposte a quesiti ricorrenti
- Non autosufficienti, gravi e gravissimi. FNNA 2016 e scelte regionali
- Persone con disabilità. Recenti provvedimenti della regione Marche
- Quaderni Marche. Politiche e servizi nelle Marche
Novità editoriale, Gruppo Solidarietà (a cura di), LE POLITICHE PERDUTE. Interventi sociosanitari nelle Marche
La normativa citata si può consultare nel sito www.grusol.it nella sezione Documentazione politiche sociali, con una ricerca per leggi regionali.
[1] Art. 1, comma 1 del Decreto: 1. Il contributo di 70 milioni di euro per l’anno 2016, di cui all’art. 1, comma 947, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è erogato a favore delle regioni a statuto ordinario che provvedono ad attribuirlo alle province e alle città metropolitane che esercitano effettivamente le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali di cui all’art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e ai servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio, di cui all’art. 139, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
[2] In particolare per le competenze riguardanti la scuola superiore (trasporto e assistenza). Nelle Marche storicamente questa funzione è stata svolta dai Comuni che hanno ricevuto attraverso la l.r. 18/96 un contributo. Vedi a riguardo, la nota della regione Marche.