Il sistema di governo dei piani sociali di
zona*
Franco Pesaresi, dirigente assessorato servizi sociali Comune di Ancona
*Intervento svolto in occasione del seminario di approfondimento promosso dal
Gruppo Solidarietà lo scorso 15 febbraio dal titolo "Un territorio, un governo?
Ambito territoriale, Coordinatore d'Ambito, gestione dei servizi sociali nelle
Marche. Quali prospettive?"
(torna all'indice informazioni)
Il sistema di governance dei piani sociali di zona
Il governo del sistema dei servizi sociali richiama immediatamente il termine
governance. Stavolta utilizzare una terminologia inglese può essere utile
per esprimere meglio e più sinteticamente alcuni concetti. Gli anglosassoni
hanno infatti trovato i termini giusti per descrivere certe situazioni. Utilizzano
il termine government per designare le istituzioni formali dello Stato
e per significare il loro monopolio sull'esercizio legittimo del potere di coercizione.
A questa forma di esercizio del potere contrappone invece la governance,
focalizzata sulla gestione di processi di consultazione e di concertazione che
per raggiungere i loro obiettivi non ricorre all'esercizio dell'autorità e all'applicazione
di sanzioni ma al coordinamento e al coinvolgimento dei vari enti e soggetti
per il raggiungimento del fine proposto. Nel campo sociale ed in particolare
della pianificazione sociale di zona e del suo governo locale il termine governance
ci pare decisamente appropriato tenendo conto che sono coinvolti una pluralità
di soggetti pubblici e privati che non è possibile oltre che inopportuno governare
in modo gerarchico (dall'alto verso il basso). La governance nei sistemi
di welfare significa sostanzialmente metodologia negoziale finalizzata ad un
processo condiviso di costruzione collettiva delle politiche sociali. Il sistema
di governance prevede necessariamente:
un organo politico di governo del settore;
un territorio di riferimento;
un supporto tecnico ed esecutivo;
la definizione delle modalità di gestione dei servizi;
la definizione dei percorsi e dei metodi concertativi e collaborativi con i
vari enti pubblici e privati al fine della definizione e della gestione del
piano di zona o di parti di esso (che non è oggetto dell'attenzione di questo
articolo).
L'organo politico che governa il piano sociale di zona
Sull'organo politico che deve governare la realizzazione del piano di zona e
la sua gestione non ci sono particolari problemi anche se in alcune regioni
si registrano alcune particolarità. Comunque dappertutto l'organo di governo
politico del piano di zona è stato identificato nel comitato dei sindaci
(o comitato di distretto in Emilia Romagna o Assemblea dei sindaci di distretto
in Lombardia) o nella conferenza dei sindaci, laddove il territorio coincide.
Esso è dovunque composto dai sindaci dei comuni dell'ambito preventivamente
identificato per la realizzazione e la gestione del piano sociale di zona. In
Liguria si aggiunge anche il rappresentante politico dell'ente gestore dell'ambito
sociale.
Le funzioni dei comitati dei Sindaci sono sostanzialmente simili in tutte le
regioni. Nelle Marche, per fare un esempio, è il soggetto politico di riferimento
ed è l'organo deputato a:
definire le modalità istituzionali e le forme di organizzazione gestionali più
adatte alla organizzazione dell'ambito territoriale e della rete dei servizi
sociali;
nominare il suo presidente ed individuare l'ente locale capofila;
nominare il coordinatore d'ambito e istituire l'ufficio di piano;
definire le forme di collaborazione fra i comuni e l'azienda sanitaria di riferimento;
elaborare ed approvare il piano di zona;
elaborare ed approvare il bilancio sociale;
approvare il programma delle attività territoriali di distretto (PAT) per la
parte relativa all'integrazione socio-sanitaria e alla parte sanitaria (come
comitato di distretto sanitario).
I comitati dei sindaci, data la coincidenza geografica con i distretti sanitari
che si realizza in molte regioni, possono esercitare anche funzioni di comitato
dei sindaci di distretto sanitario, quale organismo politico che riassume in
se le funzioni programmatorie per l'intervento sociale, socio-sanitario e sanitario
con la elaborazione dei piani di zona (pdz) e del piano delle attività territoriali
(PAT), con omogeneità di intenti e di indirizzi, sia per le azioni di piano
che per gli aspetti finanziari da concordarsi tra comitati e direttore dell'ASL.
Alcune differenze si registrano qua e là, in Italia. Per esempio, nella provincia
autonoma di Bolzano l'organo politico di governo è identificato negli organismi
politici delle 7 comunità comprensoriali in cui è divisa la provincia mentre
la Campania ha voluto invece identificare un percorso parzialmente diverso dalle
altre regioni identificando un nuovo organismo politico. Per la definizione
del piano di zona, i sindaci istituiscono un coordinamento istituzionale coordinato
da un comune capofila e costituito dai sindaci dei comuni, dal presidente della
provincia e della comunità montana ove esistente, dal direttore generale della
ASL di riferimento.
Gli ambiti territoriali
La maggior parte delle regioni, in applicazione della L. 328/2000, ha provveduto
a ripartire il territorio regionale in ambiti territoriali/zone per la gestione
dei servizi sociali. Tali ambiti sono quasi sempre intercomunali con eccezione
delle grandi città dove gli ambiti sono unicomunali o, in qualche caso, sono
previsti più ambiti per una sola grande città.
Per favorire la programmazione e l'integrazione socio-sanitaria e per evitare
il proliferare di organismi, la maggior parte delle regioni ha previsto degli
ambiti territoriali che coincidono con i distretti sanitari o loro multipli.
Le dimensioni degli ambiti sono molto varie; si passa dai 137.700 abitanti del
Lazio ai 36.600 dell'Abruzzo mentre la media italiana è di 90.500 abitanti per
ambito territoriale/zona (Cfr. Tab. 1). Le regioni più grandi hanno identificato
degli ambiti più grandi mentre quelle più piccole hanno identificato degli ambiti
territoriali mediamente più piccoli. Colpisce infine la tendenza ad identificare
degli ambiti sociali in qualche caso multipli di quelli sanitari che potrebbe
costituire una anticipazione di possibili aggiustamenti della distrettualizzazione
sanitaria.
Tab. 1 - Gli ambiti territoriali in alcune regioni italiane.
regioni
|
popolazione
2000
|
numero distretti sanitari
2000
|
numero zone/ambiti sociali
|
popolazione media per ambito sociale
|
Campania
|
5.782.244
|
105
|
42
|
137.700
|
Lazio
|
5.302.302
|
47
|
40
|
132.600
|
Toscana
|
3.547.604
|
133
|
34
|
104.300
|
Liguria
|
1.621.016
|
9
|
18
|
90.100
|
Lombardia
|
9.121.714
|
107
|
107
|
85.200
|
Umbria
|
840.482
|
12
|
12
|
70.000
|
Bolzano
|
465.264
|
18
|
7 comunità comprensoriali
|
66.500
|
Marche
|
1.469.195
|
36
che diventeranno 24
|
24
|
61.200
|
Basilicata
|
604.807
|
21
|
13
|
46.500
|
Abruzzo
|
1.281.283
|
37
|
35
|
36.600
|
Media
|
30.035.911
|
525
|
332
|
90.500
|
Il Coordinatore di ambito/zona
Alcune regioni italiane, per promuovere il processo di pianificazione sociale,
hanno previsto delle nuove figure con nomi diversi ma con funzioni in buona parte
assimilabili.
La regione Marche è stata la Regione che più di ogni altra ha sviluppato e caratterizzato
questa figura sostenendone in modo significativo l'implementazione nel sistema.
Le norme regionali hanno infatti previsto la nomina di un coordinatore delle Rete
dei servizi dell'ambito territoriale (coordinatore di ambito), scelto all'interno
di professionalità sociali, al fine di superare le difficoltà di progettazione
del piano sociale di zona e della sua realizzazione. Il coordinatore, inteso come
strumento tecnico a disposizione dei comuni dell'ambito territoriale, si avvale
di una struttura tecnica ed amministrativa snella ed ha la funzione di:
curare, in collaborazione con l'ufficio di piano e coi responsabili di distretto,
la redazione della proposta del piano di zona e del bilancio sociale in base alle
linee espresse dai comitati dei sindaci e concertate con le diverse realtà territoriali;
svolgere compiti di coordinamento del processo di costruzione del piano attivando
rapporti, relazioni e attività di concertazione, sulla base delle indicazioni
dei sindaci dei comuni dell'ambito territoriale di riferimento;
svolgere funzioni di monitoraggio sullo stato di attuazione del piano di zona
segnalando al comitato dei sindaci eventuali difficoltà in ordine agli obiettivi
definiti nel piano;
supporta il comitato dei sindaci nella organizzazione e nel coordinamento degli
uffici di promozione sociale.
Molto simile è l'esperienza dell'Umbria che ha individuato la figura del Promotore
sociale quale referente dei comuni per le funzioni di raccordo e di collaborazione
fra i comuni dello stesso ambito territoriale per la programmazione. Questi non
ha funzioni gestionali dirette ma si configura come interlocutore tecnico per
i comuni nei confronti degli altri comparti dell'amministrazione pubblica che
hanno rilevanza per il sociale. Così come nelle Marche, il Promotore sociale è
pagato parzialmente dalla regione, per tre anni. In Liguria invece è stata prevista
la figura dell'esperto sociale con funzioni di coordinamento della materia sociale
all'interno della Conferenza dei Sindaci e per i rapporti con la dirigenza della
ASL per i servizi integrati mentre in ogni zona della Toscana deve essere individuato,
da parte della conferenza dei sindaci, un responsabile unico dell'attuazione dei
livelli essenziali di assistenza (Cfr. Tab. 2).
Tab. 2 - I costruttori dei Piani di zona
Regione
|
denominazione figura professionale
|
funzioni
|
Marche
|
Coordinatore delle Rete dei servizi dell’ambito territoriale
|
cura la redazione del pdz, coordina il processo di costruzione
del pdz, supporta il comitato dei sindaci.
|
Umbria
|
Promotore sociale
|
referente dei comuni per le funzioni di raccordo e di
collaborazione fra i comuni dello stesso ambito territoriale per la programmazione.
|
Liguria
|
Esperto sociale
|
coordinamento della materia sociale all’interno della
Conferenza dei Sindaci e cura i rapporti con la dirigenza della ASL per
i servizi integrati.
|
Toscana
|
responsabile unico dell’attuazione dei livelli essenziali
di assistenza
|
responsabile dell’organizzazione dei servizi determinati
in sede di pdz e della erogazione delle prestazioni appropriate ai cittadini.
|
L'ufficio di piano
La maggioranza delle regioni ha previsto la costituzione e il funzionamento
di un organismo tecnico rappresentativo di tutti i comuni dell'ambito territoriale
che funzioni da supporto tecnico del comitato dei sindaci. Alcune regioni -
precisamente le Marche, l'Abruzzo, la Campania e la Lombardia - hanno chiamato
tale organismo "Ufficio di piano" o "Gruppo di piano".
Nelle Marche l'ufficio di piano, attraverso la costante e stabile collaborazione
con il coordinatore di ambito, garantisce su tutto il territorio dell'ambito
una programmazione condivisa ed una regolamentazione omogenea dei servizi sociali.
Per realizzare questo, insieme al coordinatore di ambito e ai responsabili di
distretto, cura la redazione del piano di zona e del bilancio sociale in base
alle indicazioni del comitato dei sindaci. Dell'ufficio di piano fanno parte
almeno i responsabili dei servizi sociali dei comuni facenti parte dell'ambito
territoriale. Questo significa che possono essere chiamati a farne parte anche
altri soggetti. Il coordinatore di ambito può prevedere un'articolazione in
sezioni operative dell'ufficio di piano in riferimento alle aree di intervento.
La Campania si colloca sulla stessa linea delineando con maggior dettaglio le
caratteristiche dell'Ufficio di piano che avrà le seguenti competenze:
predisporre gli atti per l'organizzazione dei servizi e per l'eventuale affidamento
di essi ad altri soggetti;
atti finanziari;
predisporre l'articolato dei protocolli di intesa e degli altri atti volti a
realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni
statali;
organizzare la raccolta delle informazioni e dei dati anche al fine della realizzazione
del sistema di monitoraggio e valutazione;
predisporre tutti gli altri necessari all'assolvimento da parte del comune capofila
dell'obbligo di rendicontazione;
promuovere iniziative per il reperimento di altre risorse;
proposte al coordinamento istituzionale.
Anche l'Abruzzo ha previsto un organismo di questo tipo che si chiama "Gruppo
di Piano" ma la differenza vera rispetto a quelli visti sinora è che in esso
viene prevista la partecipazione dei rappresentanti politici e della ASL. La
Lombardia è la più scarna rinviando all'accordo di programma la composizione
definendo l'Ufficio del piano come un organismo tecnico che, in raccordo con
l'assemblea dei sindaci, opera per la programmazione e l'attuazione del piano
di zona.
Altre due regioni - la Liguria e la Toscana - hanno chiamato l'organismo tecnico,
"segreteria tecnica". In particolare la Toscana ha dedicato particolare attenzione
a questo organismo qualificando la Segreteria tecnica come una struttura tecnico
organizzativa di staff, formalmente costituita dalla articolazione zonale della
Conferenza dei sindaci con riferimento ai settori socio-assistenziale, socio-sanitario
e socio-educativo. Essa opera nell'ambito della progettazione sociale e contribuisce
a definire e gestire strumenti propositivi, progettuali, valutativi, di monitoraggio
in attuazione delle scelte di livello strategico e politico.
In Emilia Romagna infine tale organismo viene chiamato "tavolo tecnico" e ad
esso sono assegnate le funzioni di regia operativa del processo di elaborazione
del Piano, di coordinamento operativo dei diversi attori in campo oltre ché
dei compiti di istruttoria tecnica e di supporto decisionale al coordinamento
politico di distretto mentre la regione Lazio ha previsto una struttura di coordinamento
e gestione a livello distrettuale che si chiama Struttura del Piano (Cfr. Tab.
3).
In conclusione possiamo dire che la maggior parte delle regioni che si sono
già attivate per la pianificazione sociale hanno previsto un organismo tecnico
(ufficio di piano, segreteria tecnica, ecc.) di supporto al comitato dei sindaci
che ha il compito di predisporre il piano di zona secondo le linee del Comitato
stesso. Tale percorso appare apprezzabile ma anche obbligato per garantire il
coinvolgimento di tutti gli enti locali. Da questo punto di vista, migliore
ci pare la composizione di quegli organismi che, come le Marche e la Campania,
vedono una adeguata rappresentanza dei comuni appartenenti all'ambito territoriale.
Meno azzeccata ci pare essere la composizione del "Gruppo di piano" dell'Abruzzo
che vede la partecipazione anche di politici la cui sede più appropriata appare
essere quella del Comitato dei Sindaci/conferenza dei sindaci.
Tab. 3 - L'ufficio di piano e gli altri organismi tecnici
Regione
|
Denominazione
|
Composizione
|
Funzione
|
Marche
|
ufficio di piano
|
almeno i responsabili dei servizi sociali dei comuni
facenti parte dell’ambito
|
cura la redazione del piano di zona e del bilancio sociale
in base alle indicazioni del comitato dei sindaci
|
Campania
|
ufficio di piano
|
è costituito da un minimo di 5 ad un massimo di 15 persone
(una per comune)con specifiche competenze sociali. Nell’ufficio di piano
deve essere presente almeno un esperto di progettazione sociale (laureato
in sociologia o lauree equipollenti), un esperto di contabilità degli
enti locali e un esperto di questioni legali.
|
predisporre gli atti per l’organizzazione dei servizi;
predisporre l’articolato dei protocolli di intesa; organizzare la raccolta
delle informazioni e dei dati
|
Lombardia
|
Ufficio del piano
|
stabilite all’interno dell’accordo di programma.
|
organismo tecnico di programmazione che opera in pieno
raccordo con l’organo di rappresentanza politica per la programmazione
e l’attuazione del piano di zona
|
Abruzzo
|
Gruppo di piano
|
rappresentanti politici, tecnici, delle istituzioni e
della comunità locale oltre ad almeno un rappresentante dell’azienda USL.
|
stesura del documento del PDZ
|
Toscana
|
segreteria tecnica
|
da 3 a 5 membri permanenti più apporti professionali
"modulari. Partecipa anche l’osservatorio provinciale e il coordinatore
sociale della ASL.
|
opera nell’ambito della progettazione sociale e contribuisce
a definire e gestire strumenti propositivi, progettuali, valutativi, di
monitoraggio in attuazione delle scelte di livello strategico e politico.
|
Liguria
|
segreteria tecnica
|
un coordinatore amministrativo e un esperto in materia
sanitaria messi a disposizione dalla ASL ed un esperto in materia sociale
messo a disposizione dai comuni
|
supporta la conferenza dei sindaci provvede alla programmazione
sociale di zona e al raccordo con i programmi delle attività territoriali
socio-sanitarie
|
Emilia Romagna
|
tavolo tecnico
|
definita a livello locale dal coordinamento politico
|
funzioni di regia operativa del processo di elaborazione
del Piano, e di istruttoria tecnica e di supporto decisionale al coordinamento
politico di distretto
|
Lazio
|
struttura del Piano
|
non definita
|
struttura di coordinamento e gestione a livello distrettuale
che esercita le funzioni relative alla comunicazione relazione con altri
operatori e soggetti (ASL , cittadini ecc.), raccolta ed elaborazione
dati, amministrazione, gestione finanziaria, gestione progettuale e valutazione
progetti.
|
Le forme di gestione dei servizi sociali
Il Piano sociale di zona di norma viene adottato attraverso l'accordo di programma,
ai sensi dell'art.27 della legge 142/1990 e successive modificazioni. All'accordo
di programma, per assicurare l'adeguato coordinamento delle risorse umane e
finanziarie, partecipano i comuni dell'ambito territoriale e l'azienda sanitaria
locale.
Gli accordi di programma vengono stipulati, tra i vari soggetti pubblici interessati,
per definire e attuare opere, interventi o programmi di intervento che richiedono,
per la loro realizzazione, l'azione coordinata di comuni, province e regioni,
di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici. Il soggetto dotato
di potere di iniziativa (secondo l'interesse principale o prevalente) per la
conclusione dell'accordo è, in questo caso, identificato nel sindaco del comune
capofila. Per quanto riguarda i soggetti non istituzionali, e in particolare
i soggetti del terzo settore, fermo restando la necessità di coinvolgere e favorire
l'apporto di tutti i soggetti attivi nella progettazione e comunque in grado
di dare apporti in tal senso, è opportuno rammentare che loro adesione all'accordo
di programma, in base alla legge, deve essere considerata come la partecipazione
di soggetti che aderiscono agli obiettivi dei piani di zona e dichiarano la
propria volontà di concorrere alla loro realizzazione ma la cui partecipazione
non ha alcuna rilevanza in ordine al consenso finale sull'accordo da raggiungere.
Attraverso l'accordo di programma i comuni dell'ambito territoriale si dotano
della configurazione necessaria e sufficiente per la gestione delle funzioni
di loro competenza nell'attuazione del piano di zona ed eventualmente possono
scegliere una delle diverse forme di gestione associata previste dalla legislazione
vigente per la gestione del Piano di zona.
Superata la fase della pianificazione dei servizi si pone infatti e con forza
il problema di chi può gestire una rete di servizi sociali intercomunali. Il
problema è che il Comitato dei Sindaci non avendo uno status giuridico riconosciuto
ma solo politico non ha alcuna competenza gestionale e quindi non può gestire
direttamente il piano sociale di zona. La stessa situazione è anche vissuta
dal coordinatore di ambito, laddove presente, che nella sua configurazione attuale
ha funzioni di coordinamento e non di gestione diretta. Per questo occorre pensare
alla struttura che può affrontare la fase gestionale del Piano sociale di zona.
La maggior parte delle altre regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio,
Liguria, Lombardia, Toscana, Umbria) prevedono genericamente una gestione associata
intercomunale dei servizi sociali secondo le modalità del TUEL (D. Lgs 18/8/2000,
n. 267) ma dando ai comuni la possibilità di scegliere quella più adatta. Da
questo punto di vista le modalità possono essere:
la convenzione (fra enti locali al fine di svolgere in modo coordinato funzioni
e servizi determinati);
il consorzio (fra enti locali per la gestione associata di uno o più servizi
e l'esercizio associato di funzioni) ;
l'unione di comuni (sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma
contermini allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni
di loro competenza);
l'accordo di programma (accordo per la definizione di interventi che richiedono
per la loro completa realizzazione dell'azione integrata e coordinata di comuni,
province e regione);
l'esercizio associato di funzioni e servizi (negli ambiti e nei settori stabiliti
dalla regione soprattutto per i comuni di piccole dimensioni).
Una volta stabilita la gestione associata dei servizi sociali devono stabilire
le forme di gestione da utilizzare. Anche in questo caso le varie regioni hanno
stabilito che spetta agli enti locali dell'ambito territoriale individuare "le
modalità organizzative dei servizi" esprimendo in qualche caso delle semplici
preferenze. Le preferenze della regione Campania e dell'Abruzzo
vanno verso la forma giuridica dell'azienda consortile prevista e disciplinata
nel T.U. enti locali. Ma non è detto che non possano essere scelte altre forme
di gestione dei servizi sociali. La regione Lazio per esempio afferma
che andrebbe invece preferita l'azienda società per azioni distrettuale per
l'esercizio dei servizi socio-assistenziali dei comuni del distretto, a prevalente
capitale pubblico locale, con la partecipazione minoritaria delle organizzazioni
non lucrative di utilità sociale, delle cooperative sociali, delle istituzioni
pubbliche di beneficenza ed assistenza, delle fondazioni bancarie ecc.. Secondo
la Puglia i comuni di minore dimensione demografici determinano la forma
di gestione attribuendo l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali a una
delle aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al D. Lgs 4/5/2001, n.
207 avente sede legale nel territorio circoscrizionale o, in mancanza, a una
istituzione dotata di autonomia gestionale ai sensi dell'art. 114 del D. Lgs
18/8/2000, n. 267.
Dal punto di vista giuridico i servizi pubblici locali vengono distinti in servizi
a valenza imprenditoriale (servizi per i quali i costi di produzione sono coperti
dai ricavi derivanti dalla cessione dei servizi) e servizi senza valenza imprenditoriale.
I servizi sociali risultano inclusi in questa seconda categoria e per essi è
espressamente prevista solo la forma dell'istituzione. La dottrina stessa riconosce
però che la gestione di tali servizi possono essere adottate anche la forma
del consorzio e delle società (Srl e Spa) a prevalente capitale pubblico. Non
a caso si sono già sviluppate in Italia numerose esperienze di consorzi intercomunali
per la gestione dei servizi sociali ed in qualche caso, più raro, anche altre
forme come le aziende speciali, le società di capitale e le fondazioni di partecipazione.
Come si vede, ci sono indicazioni diverse che provengono dalle diverse regioni,
ci sono ampie possibilità di scelta ma quali sono le caratteristiche delle varie
modalità gestionali? Abbiamo provato a sintetizzarle nella Tab. 4, escludendo
però la gestione diretta comunale (che è ampiamente conosciuta) e che può ricorrere,
attraverso convenzione o accordo di programma, quando uno o più comuni affidano
la gestione di taluni servizi sociali ad un altro comune (spesso il capofila
dell'ambito territoriale.
La forma gestionale più adatta deve gestire dei servizi sociali per conto di
più comuni mantenendo però in capo ai comuni un potere di indirizzo politico
e di controllo diretto ed importante. Da questo punto di vista l'istituzione
e l'azienda speciale, almeno in questa fase, non costituiscono le forme gestionali
più adatte perché non permettono la proprietà dell'ente gestore dei servizi
da parte dei singoli comuni. Nel caso dell'istituzione addirittura la norma
non permette la partecipazione di più comuni. Rimangono, per esclusione solo
i consorzi intercomunali, le società di capitali e le fondazioni di partecipazione.
Quest'ultime però, almeno in linea di principio, non prevedono automaticamente
una corrispondenza, pur possibile, fra soci fondatori/conferitori e presenza
nel Consiglio di Amministrazione.
Probabilmente la forma giuridica più adatta in questa fase di avvio per la gestione
dei servizi sociali di più comuni può essere quella del consorzio intercomunale,
senza naturalmente voler escludere le altre interessanti forme di gestione.
Nel resto d'Italia sono già numerosi i consorzi intercomunali che gestiscono
i servizi sociali. Il consorzio garantisce l'omogeneità di intervento sul territorio
di riferimento ovviando al problema della disparità di trattamento per bisogni
simili e garantendo la tutela dei diritti sostanziali. La forma gestionale del
consorzio è caratterizzata dall'ampliamento del bacino di utenza che consente
di ottenere delle economie di scala non conseguibili a livello locale. Inoltre
sempre in virtù dell'ampiezza del bacino di utenza possono essere presenti figure
professionali non previste nei singoli enti locali proprietari e possono essere
superati problemi connessi a carenze qualitative e quantitative di personale.
Tab. 4 - Comparazione delle caratteristiche delle diverse forme di gestione
|
Istituzione
|
Azienda speciale
|
Consorzio
|
Srl
|
Spa
|
Fondazione di partecipazione
|
Natura giuridica
|
Organismo strumentale dell’ente locale
|
Ente strumentale dell’ente locale
|
Ente strumentale di più enti locali
|
Società di capitali
|
Società di capitali
|
istituzione di carattere privato
(art. 12 C.C.)
|
ordinamento
|
Diritto pubblico
|
Diritto pubblico
|
Diritto pubblico
|
Diritto privato
|
Diritto privato
|
Diritto privato
|
Personalità giuridica
|
No
|
Si
|
Si
|
Si
|
Si
|
Si
|
autonomia
|
Gestionale
|
Gestionale, organizzativa, finanziaria
|
Gestionale, organizzativa, finanziaria
|
Gestionale, organizzativa, finanziaria
|
Gestionale, organizzativa, finanziaria
|
Gestionale, organizzativa, finanziaria
|
Gli organi
|
CdA
Presidente
direttore
|
CdA
Presidente
direttore
|
Assemblea consortile
CdA
Presidente
direttore
|
Assemblea dei soci
CdA
(collegio sindacale)
|
Assemblea dei soci
CdA
collegio sindacale
|
CdA
Presidente
Collegio sindacale
|
funzionamento
|
Statuto ente locale
|
Statuto proprio
|
Statuto proprio
|
Statuto proprio
|
Statuto proprio
|
Statuto proprio
|
Capitale sociale
|
-
|
-
|
-
|
10.329,14 €
|
103.291,40 € (516.460 € se a prevalente capitale privato)
|
si
|
Partecipazione dei soci
|
-
|
-
|
Quote
|
Quote
|
Azioni
|
Quote
|
Possibilità per più comuni di essere proprietari
|
no
|
no
|
si
|
si
|
si
|
si
|
Comproprietà della ASL
|
no
|
no
|
si
|
si
|
si
|
si
|
Possibilità per il privato di essere socio
|
no
|
no
|
no
|
si
|
si
|
si
|
Fonte: nostra elaborazione con modificazioni su dati R. Montanelli, C. Parente
"La scelta della forma di gestione per i servizi sociali: i quesiti strategici
e le possibili soluzioni" in F. Longo "Servizi sociali: assetti istituzionali
e forme di gestione", EGEA (2000).
*In Appunti sulle politiche sociali, n. 2/2003
|