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di Francesco Gesualdi Altreconomia, 2012-08-27 pag. 120, Euro 11.00 Questo modello di sviluppo ha trascinato il mondo in una crisi di cui non si vedela fine: è arrivato il momento di “fare da soli”. L’ultima riflessione di Francesco Gesualdi riavvolge il nastro, per rileggere prima in modo magistrale la genesi della crisi e per proporre poi una nuova strada: la fondazione di un’economia “pubblica”, per tutti e non per pochi, locale e sostenibile -indipendente dai sussulti dell’economia globale- che abbandoni il mito della “crescita”e riconverta produzione e consumi. Ma come fare? La pietra angolare di questa “economia del paradiso” è il lavoro di comunità, in cui ciascuno lavori non solo per sé ma per il benessere comune e abbia garantiti servizi gratuiti, dall’istruzione alla salute. Per sostituire al denaro la coesione sociale, che non si può giocare in borsa. Scrive Gesualdi: “Il lavoro è la risorsa più abbondante che abbiamo, la fonte originaria di ogni ricchezza. Non utilizzare il lavoro diretto dei cittadini è come morire di sete accanto a un pozzo. Se tutti mettessero a disposizione della comunità anche solo poche ore a settimana potremmo soddisfare qualsiasi bisogno sociale, produttivo o ambientale, senza dipendere dalla crescita dell’economia generale”. Francesco Gesualdi, già allievo di Don Lorenzo Milani alla scuola di Barbiana,è uno dei padri del consumo critico in Italia, fondatore e coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, progetto di documentazione e impegno civile nato a Vecchiano (Pisa), dove Francuccio vive. Il Cnms analizza gli squilibri dell’economia globale, indaga sul comportamento delle imprese, studia e propone nuove formule economiche più eque e sostenibili. È inoltre autore di numerosi testi, fra cui Sobrietà (Feltrinelli 2005), la Guida al consumo critico (EMI/Ponte alle Grazie 2011), L’altra via (Altreconomia 2009) La recensione di Nanni Salio,
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Nei quattro brevi capitoli della prima parte del libro, egli riesce a
delineare e a far capire le ragioni e gli aspetti salienti che stanno
alla base della crisi dei debiti sovrani, provocata da un’economia
finanziaria di rapina, criminale e priva dei più elementari scrupoli,
dove imperversa l’etica dell’avidità senza limiti.
Ma come ben sappiamo non basta la denuncia, ma è necessario, diceva
Gandhi, un “programma costruttivo”, che viene delineato nei
sei capitoli della seconda parte del libro. Occorre “cambiare logica”,
ovvero mettere in discussione i paradigmi che stanno alla base della concezione
neoliberista e capitalista dell’economia e della società,
a cominciare dal fallace mito della crescita illimitata. Ma poi, attuare
un cambiamento verso un’economia autocentrata, che ancora Gandhi,
e dopo di lui Schumacher, individuava nella piccola scala delle comunità
locali. Contestualmente, avviare una “riconversione ecologica”
di tutte le attività produttive e di consumo. “Ripensare
il lavoro”, ancora una volta sulla scia dei grandi che ci hanno
preceduto: “lavoro per il pane” (Tolstoi, Gandhi), “lavorare
tutti lavorare meno”, secondo uno slogan oggi persino più
attuale di un tempo. “Rifondare l’economia pubblica”,
invertendo la tendenza delle privatizzazioni (che letteralmente significano
“privare gli altri di un bene”) a favore di una economia dei
beni comuni, di una economia del dono e della semplicità volontaria.
E infine, “liberarci dalla schiavitù del debito”, rinegoziandolo,
rimettendo in discussione i tassi di interesse, avviando procedure di
audizione per capire come si è creato, chi ne ha approfittato e
chi lo sta subendo suo malgrado. La transizione non sarà immediata,
ma è diventata urgente e indispensabile. E il messaggio che riceviamo
da questo libro è che essa è possibile e desiderabile: non
c’è tempo da perdere. “Buon lavoro” direbbe Schumacher,
un augurio che facciamo nostro per tradurlo operativamente nel prossimo
campo estivo a Ghilarza, dove avrò modo lavorando con Francuccio,
di contribuire ad approfondire questi temi dal 9 al 12 agosto prossimi.
Vi aspettiamo numerosi, il vostro apporto è fondamentale.
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